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Lapidati, impiccati, affogati, bruciati con la benzina, sepolti vivi, torturati. Ogni anno in Spagna, 50mila levrieri vengono abbandonati, uccisi e gettati nei pozzi, a conclusione di una vita fatta di maltrattamenti e botte.

È un olocausto che si consuma a due passi da noi quello che vede tristemente protagonisti i galgos e i podencos, i più comuni cani da caccia di La Mancha, Andalucia e Extremadura.

Da settembre a fine gennaio, sono ‘strumenti’ utili per la caccia: con il loro fiuto fenomenale e la loro agilità catturano lepri e conigli, ma se non corrispondono agli standard e le aspettative dei proprietari hanno un destino che fa rima con morte.

In generale, in Spagna i levrieri utilizzati per la caccia hanno una speranza di vita media di tre o cinque anni, quelli che servono alla riproduzione arrivano anche a sette, otto. Nel momento in cui, non riescono più ad assolvere ai compiti dettati dai proprietari diventano un peso di cui disfarsi.

In realtà, la selezione inizia già dalla nascita, vengono eliminati in modo barbaro, tutti i cuccioli che sembrano non adatti alla caccia o sono troppo delicati o paurosi davanti ai colpi di arma da fuoco o che mangiano la preda una volta catturata.

fonte GreenMe

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Le Galline ovaiole in Italia

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Il numero totale di galline ovaiole in Italia è circa 42 milioni, per un totale di circa 650.000 tonnellate di uova all’anno (circa 12,5 miliardi di uova intere).

Il 65% delle ovaiole vive tuttora rinchiuso in gabbia, ma la percentuale dei sistemi alternativi è in forte e costante crescita negli ultimi anni.

clicca QUI

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In questi allevamenti intensivi, le galline ovaiole non hanno uno spazio superiore ad un foglio A4 (si, esatto, proprio quello che utilizziamo a casa comunemente per stampare!) quando invece lo spazio vitale minimo consigliato per il suo benessere è di almeno 4 mq ad esemplare.

Questo trovarsi l’una addosso all’altra le spinge inoltre a beccarsi a vicenda e dunque, per evitare che si procurino profonde ferite, alle galline da batteria viene mozzato il becco(senza anestesia), pratica assai dolorosa per chi la subisce.

Negli allevamenti intensivi, dunque, oltre a non vedere mai la luce del sole, essere rimpinzate di mangimi industriali e antibiotici, per le galline diventano impossibili anche i movimenti più semplici e naturali: razzolare, aprire le ali, fare bagni di sabbia e cenere, ecc. E anche se non tutti noi disponiamo dei grandi spazi verdi come nel caso della fattoria che compare nel video, costruendo un piccolo pollaio domestico nel nostro giardino potremo dare a 2, 3 o 4 galline ovaiole la gioia di vivere bene e a noi la gioia di gustarci uova di eccellente qualità ogni volta che lo desideriamo

I (tremendi) numeri degli allevamenti intensivi delle galline ovaiole

I numeri ce li presenta Gianluca Felicetti, presidente LAV.

40.000.000 (40 Milioni) di galline allevate in batteria ogni anno in Italia, e ben 600.000.000 (600 Milioni) di polli da carne.

Per tutti questi animali la vita è un vero e proprio incubo, come abbiamo già avuto modo di descrivere poco sopra. In questo caso, purtroppo, viene quasi da dire che fortunatamente la vita di questi animali dura 10 volte meno di quanto durerebbe in condizioni naturali… Ma anche il momento della morte (macellazione) è davvero tremendo.

Come in una sorta di catena del montaggio dell’orrore, le galline vengono appese a testa in giù e immerse in acqua elettrificata per essere stordite e successivamente sgozzate.

(A questo link potete scaricare il dossiere completo sull’allevamento in gabbia delle galline ovaiole creato dalla LAV.)

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Non siete ancora abbastanza colpiti e schifati da tutto ciò?

Guardate allora questa video-inchiesta sugli allevamenti intensivi di galline ovaiole realizzato nel 2015 da “CIWF Italia” e se volete, firmate la petizione #bastagabbie per fermare tutto questo.

Ma cosa possiamo fare per cercare di fermare l’allevamento in gabbie delle galline ovaiole?

In quanto consumatori, abbiamo un enorme potere (e responsabilità) sul mercato alimentare, anche se spesso ce lo dimentichiamo. Presi singolarmente possiamo credere di essere insignificanti, ma tante piccole gocce fanno un mare, che può dirigere e mutare le scelte di mercato.

Inoltre, non cerchiamo alibi. Anche la grande volontà di una sola ragazza quattordicenne ha fatto cose incredibili…

Ecco la storia della sua vittoria!

Se anche non ci è possibile recarci da un contadino a prendere le uova o partecipare ad un GAS di acquisti bio e solidali, almeno al supermercato facciamo valere le nostre convinzioni. Come? Leggendo le Etichette (soprattutto le cose scritte molto in piccolo, quindi bene premunirsi di occhiali da vista se sappiamo di non vederci troppo bene).

E’ in queste piccolissime righe che solitamente si vanno sempre a nascondere le informazioni che possono dare fastidio, mettendo invece in bella vista grafiche accattivanti (quanto false ed ipocrite), di galline che razzolano felici nei prati verdi

 

Da evitare assolutamente dunque, le confezioni di uova dove viene riportata in etichetta la dicitura “Da allevamenti in gabbia". Da preferire le uova provenienti da “allevamenti biologici”, in cui si ha la certezza che le galline siano allevate a terra e all’aperto.

Su questo aspetto, ecco cosa ci dice il sito ilcambiamento.it:

“Per poter identificare la provenienza delle uova è necessario leggere il codice impresso su ciascuna di esse. La prima cifra del codice è quella che indica da quale tipo di allevamento proviene l’uovo: ‘1’, ‘2’ e ‘3’ indicano rispettivamente allevamento all’aperto, allevamento a terra (che significa al chiuso, stipate nei capannoni), e allevamento in gabbia; lo ‘0’ indica invece l’allevamento biologico.

Le uova provenienti da allevamento in gabbia e allevamento a terra sono entrambe da evitare, perché in entrambi i casi le galline sono tenute in condizioni inaccettabili. Scegliendo invece le uova di un allevamento biologico abbiamo la garanzia che queste provengono da galline che hanno condotto una vita degna, in uno spazio all’aperto, nutrite con mangimi naturali e senza aver subito il taglio del becco ed altre atroci sofferenze.”

Quindi, come prima cosa, corriamo subito a leggere attentamente cosa c’è scritto sulla confezione di uova che abitualmente acquistiamo e nel caso fosse “incriminata” è giunto davvero il momento di abbandonarla; meglio spendere 1 euro di più ma mangiare uova più sane ed eticamente compatibili con la vita che ogni essere ha diritto di vivere in libertà e benessere.

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Condizioni di Allevamento dei Maiali inaccettabili

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La maggior parte dei suini in Europa e anche in Italia sono maiali da ingrasso, allevati cioè per produrre carne, prosciutti, insaccati.

I suinetti sono allontanati dalla madre a 3-4 settimane di vita, mentre l’età naturale di svezzamento è di circa 3-4 mesi. Sono quindi inseriti in gruppi destinati all’ingrasso. Stress, malattie e lotte tra gli animali si verificano spesso quando i suinetti svezzati vengono mescolati con suinetti a loro non familiari. Da qui i graffi che spesso riportano sul corpo.

Nella loro prima settimana di vita, i suinetti subiscono:

Il mozzamento della coda

La castrazione se maschi

Spesso la troncatura o levigatura dei denti

Queste operazioni sono quasi sistematiche anche in Italia, senza tenere conto del dolore provato dagli animali.

 

Ambiente spoglio e non idoneo

La Direttiva 2008/120/CE prevede che i suini allevati al coperto debbano disporre di “arricchimenti ambientali”, quali paglia o analoghi materiali che possano essere manipolati dai suini e permettano loro di esprimere l’innato comportamento esplorativo, a cui, se fossero in natura, dedicherebbero gran parte del loro tempo.

Purtroppo, molto spesso negli allevamenti non vi è neanche un filo di paglia o materiali simili, in violazione alle disposizioni della Direttiva europea. Le catene o i copertoni messi talora a disposizione degli animali dagli allevatori non sono arricchimenti ambientali adeguati.

Sempre la stessa normativa, inoltre, prevede che gli animali abbiano a disposizione un luogo per coricarsi e uno per defecare. Purtroppo, come si vede bene dalle immagini della nostra video inchiesta, molte volte i suini sono costretti a vivere tra i propri escrementi. Se viene data loro la possibilità, i suini formano aree funzionali nei recinti dove mangiare, dormire, muoversi ecc.

 

Mutilazioni

Lo stress causato da un ambiente privo di stimoli e l’affollamento dei recinti in cui sono costretti portano gli animali a diventare facilmente aggressivi. La ricerca scientifica mostra che in condizioni naturali i maiali sono animali molto attivi, che passano il 75% del tempo in cui sono svegli grufolando ed esplorando. Queste attività sono impossibili per i suini allevati intensivamente. La mancanza di paglia o altri materiali naturali impedisce loro di esprimere i comportamenti propri della loro specie.

Non avendo altro a disposizione, i suini rivolgono il proprio disagio e la propria attenzione sui compagni di recinto, in particolare sulle code dei “vicini”. Da qui, quindi, i graffi che spesso i suini si fanno reciprocamente e le morsicature delle code che possono causare infezioni e malattie. Per cercare di ridurre il rischio di morsicatura della coda e di altri danni a scapito degli altri suini, nei primi 7 giorni di vita vengono inflitte ai suinetti alcune mutilazioni in modo sistematico, ossia di routine: il mozzamento della coda e talora anche la troncatura dei denti. Tutto senza l’uso di anestesia o di analgesici.

Benché questa pratica, se effettuata come operazione di routine, sia illegale in Europa, un rapporto dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) del 2007 ha dimostrato che al 90% dei maiali europei viene amputata la coda.

 

La ricerca scientifica invece ha dimostrato per molti anni che il modo corretto per impedire che i maiali si mordano reciprocamente la coda non è mozzarla, ma di allevarli nel rispetto del loro benessere.

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La Castrazione dei maschi

La carne di maiale può talora sviluppare in corso di cottura o di consumo un odore sgradevole, il cosiddetto “odore del verro”. Benché l’incidenza di questo fenomeno sia bassa, l'industria suinicola ha scelto di castrare i maschi per evitare l’insorgere del problema. E infatti, circa 250.000 suini vengono castrati ogni giorno nell’Unione Europea, di solito senza anestesia.

Questo causa agli animali dolore acuto e prolungato.

La castrazione è vietata in Norvegia dal 2015

La castrazione senza anestesia è stata vietata in Svizzera dal 2009 e verrà vietata in Germania dal 2018

La castrazione è proibita dai maggiori schemi di certificazione inglesi, come Red Tractor, RSPCA e Soil Association e viene comunque raramente effettuata in Gran Bretagna e Irlanda

In Olanda, si è sviluppata un'anestesia con CO2 per la castrazione

In Italia, la stragrande maggioranza dei suini maschi viene castrata senza anestesia. Compassion ritiene che la castrazione dovrebbe essere vietata in tutta Europa.

Scopri i sistemi maggiormente rispettosi del benessere dei suini.

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Uso Profilattico di Antibiotici

Le condizioni estreme dell’allevamento intensivo spingono l’animale oltre le proprie capacità fisiologiche. In ambienti così avversimolti animali potrebbero ammalarsi e per questo vengono loro somministrati antibiotici a livello preventivo.

Tale massiccio uso di antibiotici in grandi numeri di animali contribuisce allo sviluppo di batteri antibiotico-resistenti, che stiamo purtroppo iniziando a osservare nella popolazione umana, esponendo a gravi rischi la nostra salute. Come cureremo le nostre malattie se i nostri farmaci sono inefficaci proprio nel momento in cui sarebbero più necessari?

 

Scopri di più su:

http://www.efsa.europa.eu/en/topics/topic/amr.htm http://www.ciwf.org.uk/includes/documents/cm_docs/2011/a/antibiotics_in_animal_farming.pdf

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Fintanto che l'uomo continuerà a distruggere gli animali, non conoscerà mai salute né pace. Perché chi semina delitto e dolore non può conoscere gioia e amore (Pitagora) 

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Farmageddon racconta l'orrore degli allevamenti intensivi

 

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Il libro Philip Lymbery è una sorta di un'indagine che attraversa i cinque continenti e propone il resoconto delle devastanti modalità (per gli animali, per l'ambiente e per la nostra salute) di produzione di carne e pesce, tali da suscitare ben più di una riflessione. Tutte da leggere

di Margherita D'Amico

 

"PERCHÉ grande dev'essere sinonimo di cattivo?" E' la prima domanda da cui muove Farmageddon - il vero prezzo della carne economica, da domani in libreria (Nutrimenti, 19 euro) di Philip Lymbery, direttore generale della ong CIWF-Compassion in World Farming, scritto in collaborazione con la giornalista Isabel Oakeshott. Non si tratta di un libro animalista, né per principio contrario all'allevamento con scopi alimentari (CIFW fu fondata nel 1967 da Peter Roberts, allevatore di mucche da latte deciso a combattere le crudeltà del sistema intensivo) ma di un'indagine che attraversa i cinque continenti e propone il resoconto delle odierne modalità di produzione di carne e pesce, tali da suscitare ben più di una riflessione.

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Usa: mucche da latte tra farmaci, ormoni e super mangimi

Devastanti per gli animali, per il Pianeta, per l'uomo, gli allevamenti intensivi si espandono sul suolo terrestre e nei mari come immense, spietate chiazze tossiche, divorando salubrità e risorse di ogni sorta. All'interno di essi, cardine dell'industria globale del cibo, finisce la metà degli antibiotici fabbricati al mondo, mentre le monocolture di cereali e soia, che da sé potrebbero nutrire miliardi di persone ma sono invece destinati al bestiame, causano deforestazioni e impoveriscono per sempre gli habitat naturali.

"Quanto proviene dall'allevamento intensivo tutti noi lo paghiamo tre volte", spiega Lymbery: "La prima alla cassa, la seconda con gli enormi finanziamenti necessari a sostenere la zootecnia previsti in ambito europeo dalla Politica Agricola Comunitaria, la terza con la spesa imposta dagli interventi per rimediare all'inquinamento ambientale causato dagli allevamenti stessi, oltre a quella sanitaria provocata dagli effetti di un cibo di qualità sempre più scarsa".

Malattie gravi ma anche, apparentemente, banali. Si stima che entro il 2030 il metà degli americani adulti sarà obesa proprio a causa della carne industriale economica, poco nutriente e molto calorica, mentre i costi della salute legati all'obesità cresceranno di 48 miliardi di dollari negli USA e di circa un miliardo e 250mila sterline in Gran Bretagna. Intanto che piccole popolazioni indigene come i Toba in Argentina vengono spazzate via assieme alla vegetazione, per far posto alla coltivazione massiva di soia ogm, destinata a biocarburante e allevamenti intensivi. Nel 2009 la comunità internazionale ha prodotto più di 80 miliardi di tonnellate di pollo ricavate da circa 55 miliardi di animali i quali, se tenuti all'aperto, occuperebbero uno spazio pari alle intere Hawai.

"L'allevamento intensivo reca sofferenza agli animali e danno alle comunità locali, costrette a subirne inquinamento e cattivi odori. Gli stessi operai impiegati in simili strutture risentono di condizioni di lavoro estreme e degli elevati livelli di ammoniaca con cui entrano a contatto. Il livello di antibiotici che si usano per allontanare le malattie da ambienti così malsani contribuisce alla proliferazione di superbatteri antibiotico resistenti", prosegue Lymbery. "Ciò nonostante il sistema intensivo continua a prevalere. Sono in gioco enormi interessi che permettono introiti straordinari grazie a una formula pensata proprio per i grandi profitti, anziché per nutrire le persone in modo dignitoso. I governi perseguono apparenti successi sul breve periodo, senza prendere atto del danno a lungo termine: l'allevamento intensivo non è sostenibile per nessuno".

La California è ormai invasa dalle colossali aziende del latte, mostri in cui sono stipate decine di migliaia di mucche alla volta che a stento, nei recinti o nei capannoni, riescono a muovere un passo, intanto che i loro liquami avvelenati penetrano nel terreno e nei corsi d'acqua. Frattanto la corsa cinese alla produzione suina è carica di orrore fantascientifico. Stipulato nel 2011 un accordo d'oro con la Gran Bretagna, interi Boeing 742 affittati al costo di 420mila euro a viaggio hanno portato migliaia di maiali vivi e fertili "di prima qualità" negli stabulari orientali, dove tutto è così automatizzato che un uomo solo può gestire tremila animali spingendo qualche bottone. Seguendo la politica della più sregolata quantità si sono selezionati esemplari così grassi da non potersi reggere sulle fragili zampe, imbottiti di sostanze pericolose, e interi laghi sono tanto contaminati dai loro liquami che l'acqua non è più potabile. Del resto, ricorda Lymbery, alla fine degli anni 50 Mao ordinò alla popolazione di sterminare con ogni mezzo possibile i passeri, imputando loro un eccessivo consumo di grano. Salvo poi accorgersi, a strage avvenuta (alla fine del primo giorno solo a Shangai la stima era di 194.432 uccellini uccisi), che private del loro nemico naturale locuste e cavallette si riproducevano a dismisura, distruggendo i raccolti.

L'industria ittica non è da meno: il paradiso naturale delle Mauritius è sfregiato da almeno venti colossali stabulazioni intensive sotto i pontoni galleggianti, che destano preoccupazione per la pulizia delle acque e l'integrità delle barriere coralline. Essi sono una piccola parte di quei cento miliardi di pesci allevati ogni anno sul Pianeta, saccheggiando le ormai poverissime risorse marine. Per produrre una tonnellata di trota o salmone di allevamento si impiegano fra le tre e le cinque tonnellate di piccoli pesci.

Intanto, racconta Lymbery, l'allevamento intensivo si giova del supporto di stuoli di veterinari i quali non di rado hanno rinnegato l'originario approccio alla professione in favore di orari fissi di lavoro e poco intervento pratico, rarefatto anche allo scopo di non finire nei guai. La testimonianza di un veterinario inglese, sfociata in una vicenda giudiziaria, denuncia mancati stordimenti dell'animale sezionato e maltrattamenti gratuiti nei mattatoi commessi da operatori frustrati, ubriachi e drogati. In pochi trovano il coraggio di opporsi: "Sei circondato da morte, rumore, merda e cemento, ma ti ci abitui dopo un po'... se fermi la catena per qualche motivo indispettisci operai, manager, ispettori, persino i supermercati".

"In questo momento 60 milioni di italiani condividono il loro territorio con 136 milioni di polli, 8.7 milioni di suini, 6.1 milioni di bovini, 73.5 milioni di conigli e 25.2 milioni di tacchini. Oltre il 50% dei cereali prodotti nella Penisola è utilizzato per nutrire gli animali e il 36% del terreno finalizzato alla coltivazione dei cereali è utilizzato in ultimo per nutrire gli animali," racconta Annamaria Pisapia, direttore di CIWF Italia. "Negli allevamenti tricolori viene somministrato il 71% degli antibiotici. Calcolando per ciascun chilogrammo di biomassa, gli animali ne consumano il doppio delle persone, e l'Italia si piazza al terzo posto in Europa come utilizzo di questi farmaci negli stabulari, dopo Spagna e Germania. Ogni giorno, nel nostro Paese, solo gli allevamenti di suini producono 52mila tonnellate di letame e il 79% delle emissioni di ammoniaca proviene dall'allevamento assieme al 72% delle emissioni di gas serra generati dall'agricoltura sono prodotti dall'allevamento (fonte ISPRA)".

In molti ormai dicono no allo sfruttamento animale in nome del pari diritto alla vita, e abbracciano la soluzione vegana o vegetariana; Lymbery propone un compromesso: "Sostenere una produzione di cibo che sia in grado di rimettere gli animali all'aria aperta, al pascolo, anziché dentro capannoni; un allevamento estensivo connesso alla terra, in grado di fornire cibo più nutriente con metodi che risultano migliori sia per il territorio che per il benessere animale. I governi di tutto il mondo possono contribuire a migliorare la salute delle loro nazioni e salvaguardare le future scorte alimentari basandosi su risorse naturali come i pascoli. Cibo che insomma provenga da fattorie, e non da fabbriche".

Fonte

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AgireOra » Sezione "Informazioni"

Quante vite costa Telethon? | 16/12/2010

 

Argomento: Vivisezione

Quanti animali inutilmente uccisi dagli studi finanziati da Telethon?

A pochi giorni dall'inizio della maratona televisiva Telethon che come al solito vede impegnato tutto il "bel mondo" dello spettacolo e non solo, sarebbe bello chiedere una piccola cosa agli organizzatori e ai promotori di questo evento.

Sui giornali non si leggono altro che interviste ai vari esponenti di questa organizzazione che magnificano i fantastici risultati (a detta loro) della ventennale attivita' di Telethon. Vogliamo parlare di bilanci? Benissimo, ma vorremmo vedere un bilancio normale, con i numeri in nero e con quelli in rosso.

Di quei quei 2261 progetti di ricerca finanziati in vent'anni, diversi sono stati eseguiti usando animali per la sperimetazione. Quanto sono costati, dunque, in termini non di euro, ma di vite? Quante ne sono state "sacrificate", per usare questo termine un po' cardinalizio tanto caro ai ricercatori? Di quanti topi, cavie, cani, gatti, scimmie, pesci Telethon ha finanziato sofferenza e morte?

E ricordate che non e' affatto vero che questi animali vengono uccisi per "salvare vite umane". Anche fosse, sarebbe lo stesso sbagliato ed inaccettabile, ma il fatto e' che non e' vero. Gli esperimenti sugli animali oltre a essere uno spreco di vite, sono anche uno spreco di risorse, perche' portano a risultati che nulla hanno a che vedere con quanto accade sull'uomo. Sono del tutto inutili, e sono eseguiti a scapito della ricerca vera, quella senza animali, che e' la maggior parte della ricerca svolta nel mondo e che e' quella che davvero porta a risultati che fanno evolvere la scienza.

Tutta la "ricerca" su animali invece non e' scienza, e' solo incivilta'.

Quanti di questi studi prevedevano interventi senza anestesia? Quanti sono stati classificati come sofferenza lieve, moderata, intensa? Quanti gli animali eliminati a "fine esperimento"?

Semplici numeri, tanto per capire quanti animali costa uno dei 7363 articoli pubblicati.

Numeri, nessuno pretende le immagini degli esperimenti; quelle le conosciamo, le facciamo vedere, perche' sono tragicamente sempre le stesse. Numeri, semplicemente il numero dei morti, snocciolati dal bravo presentatore di turno accanto agli altri, quelli dei "successi", ripetuti invece infinite volte.

 

Ditelo! Fatelo sapere! E' nient'altro che una questione di correttezza.

Loro non ce lo diranno. Ma ve lo diciamo noi "quanta vivisezione fa Telethon". Leggete questo articolo, divulgatelo, in modo da poter decidere se dare soldi a Telethon o meno:

Quanta vivisezione fa Telethon?

Ci sono persone...

Ci sono tante persone convinte che qualsiasi metodo sia accettabile per "progredire" nella conoscenza. Sbagliano, perché in questo modo si legittima qualsiasi nefandezza e qualsiasi sofferenza inflitta a esseri innocenti. E sbagliano perché autoimponendoci di NON seguire certe vie - quelle non etiche - non si ferma il progresso: una via c'è sempre. Non imponendo certi "paletti" etici, semplicemente si finirà per seguire le vie non etiche a scapito delle altre, ma non vuol dire che le altre non esistano, vuol dire solo che non le si esplora, che non le si prende nemmeno in considerazione.

Ma lasciamo perdere queste persone.

 

Ci sono tante persone (in gran parte le stesse di prima) convinte che il "modello animale" per la ricerca medica sia utile, o addirittura indispensabile. Sbagliano, perché non è manipolando geneticamente un topo che lo si rende uguale, e nemmeno lontanamente simile all'uomo, né è curando i cani che si possono curare i bambini. Certo, Telethon (e altre associazioni o fondazioni simili) sostengono che "la sperimentazione su animali è necessaria", ma queste sono parole vuote, dogmi da superare.

Ma lasciamo perdere anche queste persone.

Ci sono infine delle persone, forse non di meno di quelle delle precedenti due categorie, che sono convinte che la vivisezione sia eticamente inaccettabile, e non intendono sostenerla, oppure che sanno che non è una pratica utile. Oppure che sono convinte di entrambe le cose.

Queste persone non le lasciamo perdere, al contrario, vogliamo raccontare loro come Telethon spende parte dei suoi soldi, affinché decidano se è il caso o meno di sostenerlo. Quel che si chiede a Telethon non è certo di sparire o di non fare il proprio lavoro: si chiede invece proprio di farlo, smettendo di usare i soldi raccolti per finanziare la vivisezione, o sperimentazione animale che dir si voglia. Siamo noi cittadini che possiamo far cambiare rotta a questo colosso che ormai ha un giro di soldi enorme ed è onnipresente e martellante con la sua pubblicità.

Gli studi di Telethon: dati dal convegno 2005

Nel marzo 2005 si è tenuto un convegno in cui vari gruppi di ricercatori finanziati da Telethon hanno presentato alcuni studi. Il file con gli abstract del convegno era disponibile sul sito di Telethon (ora non è più presente...).

Esaminandolo in dettaglio, troviamo che:

 

In totale sono state presentate 328 ricerche.

Il 44,5% di queste - 147 studi - avevano usato animali.

Il 9,5% di queste - 31 studi - avevano usato cellule di animali anziché umane.

Il restante 46% erano invece studi utili o potenzialmente utili in quanto NON svolti su animali.

Da segnalare che i progetti realizzati in collaborazione con UILDM non prevedono esperimenti su animali, ma solo studi clinici.

Questi studi probabilmente non rappresentano TUTTI gli studi finanziati da Telethon, ma certo danno un'idea piuttosto precisa della situazione.

Non sappiamo il numero di animali utilizzati nella totalità di questi studi, ma va anche tenuto conto che sono certamente di più di quanti si possa pensare, dato che quasi sempre si tratta di animali manipolati geneticamente, e quindi in questi casi bisogna contare anche gli animali che nascono sofferenti a causa della manipolazione genetica e magari muoiono poco dopo senza mai essere usati, o che nascono morti, o le cui madri muoiono in gravidanza o dandoli alla luce o che non hanno la caratteristica attesa dalla manipolazione genetica.

Alcune ricerche che hanno comportato gravi sofferenze per gli animali

Tutta la sperimentazione su animali comporta sofferenza e morte per gli animali usati. Vogliamo qui riportare però dei brevissimi estratti di alcune delle ricerche che hanno comportanto una sofferenza particolarmente acuta per gli animali usati - per lo più topini e ratti.

Un topo o un ratto non potranno mai assomigliare nemmeno lontanamente a un uomo, dal punto di vista fisiologico, genetico (per quanti geni si aggiungano o si tolgano...), anatomico, ecc. ma gli assomigliano invece dal punto di vista della capacità di provare sentimenti ed emozioni, in quanto esseri senzienti come noi.

Solo l'ignoranza e la mancanza di esperienza ci fanno guardare a questi animali con ribrezzo o paura (infatti gli sperimentatori scelgono questa specie appunto per quello, e per il fatto che sono piccoli, poco costosi, prolifici, non certo per ragioni "scientifiche"): sono invece animaletti molto belli, intelligenti - specie i ratti - socievoli con gli umani, simpatici, che si affezionano moltissimo, che amano farsi coccolare dalla propria "famiglia umana" e stare a stretto contatto, giocare, interagire con noi.

Ecco cosa invece hanno fatto loro nei laboratori finanziati da Telethon.

Studio n. 6

Modelli murini in cui p63 è stato deleto muoiono alla nascita, e presentano notevoli difetti ectodermici, mancando dell'epidermide, della prostata, delle mammelle e dei tessuti uroteliali, ed presentano arti tronchi o assenti, difetto dell'"apical ectodermal ridg", un epitelio stratificato essenziale per sviluppo dell'arto.

Studio n. 95

A tale scopo abbiamo indotto l'ischemia mediante legatura dell'arteria femorale in topi di controllo ed mdx e abbiamo valutato il recupero del flusso sanguigno con il "Laser Doppler Perfusion Imaging" (LDPI) e analisi morfometrica.

Studio n. 101

In un'altra linea di ricerca, nell'intento di chiarire il ruolo della componente postsinaptica nella competizione, abbiamo ridotto drasticamente l'attività delle fibre muscolari mediante la sovraespressione di un canale del potassio. Per l'elettroporazione in vivo dei muscoli, iniettiamo 20 microgrammi di plasmide (GFP-Kir2.1) in 10 microlitri di 0.9% NaCl nel tibiale anteriore e nel soleo in animali anestetizzati di 4-5 giorni di età. Poi applichiamo otto impulsi di 100 V/cm e di durata di 25 msec alla frequenza di 1 hz con degli elettrodi appoggiati ai lati della zampa. Dopo 10 gg dalla elettroporazione, i muscoli vengono dissociati e studiati in vitro con tecniche morfologiche e di elettrofisiologia.

Studio n. 102

[...] riprodotti mediante il modello da schiacciamento del nervo sciatico nel topo. Conseguenze sullo sviluppo del nervo periferico e la rigenerazione dopo un danno da compressione sono state analizzate in un modello murino privo di uno specifico costituente del citoscheletro delle cellule di Schwann, il filamento intermedio GFAP (proteina gliofibrillare acida).

Studio n. 174

Dopo il periodo di arricchimento gli animali sono stati testati nel Morris water maze (NdR: cioè costretti a nuotare per sopravvivere, a vari livelli in una vasca riempita di acqua).

Conclusioni

Non crediamo ci sia più nulla da dire: i dati sulla quantita' di vivisezione effettuata da Telethon parlano da soli.

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